Energia vitale, l’importanza di una respirazione corretta. Esiste una costante, una forza che ci accompagna ogni giorno, ogni istante, ogni secondo.
Dal primo secondo di nascita, con il primo vagito, fino all’ultimo istante di vita, infatti, l’atto respiratorio è un’azione che ci accompagna, ci segue, ma a volte non ci rendiamo conto, ci guida. Il respiro è un canale di accesso al mondo emotivo Il mondo incantato delle fate fondamentale, forse il più immediato e più diretto, l’atto respiratorio è una pratica molto potente, che l’uomo, sin dal passato, ha molto preso in considerazione ed analizzato.
In principio il sistema nervoso
Analizzando il funzionamento del sistema nervoso centrale da un punto di vista fisiologico, tra gli altri compiti fondamentali, esso ha il compito di supervisionare i movimenti volontari del corpo.
Potrei chiedervi di chiudere l’occhio sinistro mentre state leggendo questa frase, fino al prossimo punto e se ne avrete la volontà, il cervello comanderà all’occhio sinistro di chiudersi mentre continuate a leggere.
Se, mentre leggete questo pezzo di articolo, comparisse un’ombra alle vostre spalle o sentiste un rumore (per esempio una sirena), potrebbe essere che il vostro cuore inizi a battere più forte e tra le altre reazioni corporee, il respiro potrebbe farsi più superficiale e veloce.
Ecco spiegata la differenza tra l’occhio che si chiude volontariamente e le reazioni del corpo dinnanzi ad uno stimolo (di qualsiasi natura: visivo, auditivo, olfattivo…), che sono involontarie, non controllabili a livello celebrale; nel secondo caso, quando parliamo di risposte involontarie, questo succede perché alla base di tutto c’è un’emozione.
Emozioni, riflessi e sopravvivenza
Ciò sta a significare che nel momento in cui stiamo vivendo un’emozione, il corpo attiva, in autonomia, tutta una serie di risposte. Emozione e risposte corporee involontarie nascono con un compito fondamentale: permettere la sopravvivenza.
Sembrerà un po’ strano, forse infondato collegare la vita emozionale e fisiologica alla sopravvivenza, ma come spesso accade, osservare gli animali e soprattutto ricordarci delle nostre origini (del resto siamo animali umani), ci permette di comprendere meglio questo concetto; proviamo a pensare infatti a cosa serve questo meccanismo involontario volto alla sopravvivenza in un animale: immaginiamo un’antilope nel deserto che sente un rumore improvviso. Non è importante per quell’animale comprendere cosa stia provando, ma è fondamentale che il corpo inneschi un meccanismo immediato di fuga dal rumore, che potrebbe essere stato provocato da un predatore. È molto semplice questo esempio, ma rende bene l’idea del meccanismo di sopravvivenza fondamentale che fa in modo che il corpo metta in atto reazioni necessarie alla sopravvivenza.
Pratica consapevole
Vi chiedo ora di pensare all’ultima volta in cui siete stati arrabbiati, o che eravate molto felici, o tristi… Ecco, quanto tempo avete dedicato all’ascolto del corpo, del peso che magari percepivate o della leggerezza, e dove sentivate nel corpo la sensazione.
Quante volte vi siete fermati nel corso della giornata e, chiudendo gli occhi, avete provato ad ascoltare il battito del vostro cuore? Quante volte avete portato la consapevolezza ai messaggi corporei che stanno arrivando? Sembrano esercizi banali e molto semplici, ad alcuni sembreranno forse privi di senso, ma la vera saggezza di trova nella semplicità. Attualmente la “pratica respiratoria consapevole” fa più parte del mondo orientale, legato alle arti marziali e a tutte le discipline olistiche che operano attraverso il corpo, ma sempre più, anche in occidente, le persone stanno tornando a contattare il proprio respiro, per accedere ad una parte sempre più autentica di sé.
Storia delle tecniche di respirazione
La respirazione è qualcosa su cui le discipline spirituali indagano da millenni. Nell’antico testamento la parola ebraica “RUAH”, che ricorre 378 volte ed è maschile circa 30 volte, ha due significati fondamentali fra loro affini: quello di “vento” e quello di “respiro”.
Nella Grecia del V secolo a.C., nei Frammenti Orfici, si narra del “Soffio creatore”. Un antico testo egizio racconta che il dio Ptah diede il fiato della vita per le narici dell’uomo.
La concezione mitologica e filosofica induista dell’anima abbraccia il Principio Individuale dell’Atman, il respiro o l’alito che è l’essenza dell’uomo. Nella Chandogya Upanishad (III, 12 e 14) l’Atman è la percezione del Divino che si cela nell’animo umano e ne viene proclamata la sostanziale coincidenza con il Brahman, il Principio Cosmico“.
Cosa intendiamo con “contattare il proprio respiro”?
Esistono un’infinità di modi, di tecniche e di strumenti per poter entrare in contatto con il proprio respiro, partendo da un semplice esercizio che tutti possono svolgere in autonomia, semplicemente concentrarsi sulla respirazione e “portare il respiro più in basso”.
Se vi chiedessi di concentrarvi sul vostro respiro per qualche secondo probabilmente vi accorgereste che anche a seconda della posizione del corpo, esso tende a fermarsi a livello del torace, non fluisce verso l’addome. – Un primo esercizio da provare, molto semplice ed efficace, meglio se vi sdraiate in posizione supina è di respirare e immaginare che nel momento dell’inspirazione l’aria arrivi fino alla pancia, come a gonfiare un palloncino, mentre nel momento dell’espirazione l’aria dalla pancia salga verso il torace, sgonfiando il palloncino immaginario e fuoriesca dal corpo, attraverso il naso o la bocca. Ricordatevi quando fate questa esperienza di respirare lentamente. Mentre fate questo lavoro sentite come cambia il battito del cuore e come cambia la vostra percezione del corpo. Datevi il tempo per farlo, non abbiate fretta e soprattutto non aspettatevi nulla, l’aspettativa è frutto del sistema cognitivo, il respiro agisce sul sistema corporeo, quindi le aspettative sono un freno alla buona riuscita dell’esperienza.
La paura
Provate a pensare a tutte le situazioni che avete vissuto nella vita in cui siete stati “tra due fuochi”, l’incapacità cognitiva di scegliere, il timore che si percepisce quando viviamo un cambiamento, ecco, la realtà è che se in quei momenti smettessimo di ascoltare la parte cognitiva (che ha comunque la sua importanza), ci focalizzassimo anche su quella corporea ed emotiva, tutto sarebbe più semplice, più fluido.
Ciò non significa che non si debba pensare prima di agire, ma viviamo in un mondo in cui la società ci ha portato ad avere “teste giganti”, siamo molto legati al ragionamento, alla valutazione dei pro e dei contro in ogni situazione e spesso accade che queste elucubrazioni mentali ci allontanino dalla nostra vera essenza, dal nostro vero io, da ciò che realmente sentiamo di volere, dal cammino della nostra anima, e ci avviciniamo a ciò che pensiamo di essere, a ciò che pensiamo gli altri vogliano da noi, e anche a ciò che pensiamo di volere da noi stessi, pensate a quanto è complesso tutto ciò, a che dispendio energetico sottoponiamo noi, il nostro corpo, la nostra mente inutilmente.
La mente mente
Respirazione metamorphosis parte dal presupposto che “la Mente (organo) mente (voce del verbo mentire)”, e lo fa in realtà per tutelarci, perché ci viene più facile vivere una vita anche non appagante ma conosciuta piuttosto che iniziare qualcosa di nuovo è più semplice per assurdo stare in una relazione che non ci nutre piuttosto che trovare altre situazioni di nutrimento per l’anima, per lo spirito.
Una sessione di respirazione metamorphosis fa leva proprio sull’entrare in contatto con la parte più autentica di sé, l’essenza, e ciò avviene tramite il respiro, che in una prima fase è guidato dall’operatore.
Lavorare sul tempo
Il respiro metamorphosis nella prima fase è diverso in intensità e frequenza da quello tradizionale, quello che senza accorgerci utilizziamo tutti i giorni. Non lo conosciamo.
Provate a compiere qualche atto respiratorio, cosa notate? Tra l’inspirazione e l’espirazione c’è tendenzialmente un momento di non azione, una pausa.
Infatti, l’atto respiratorio umano si compone tendenzialmente di tre tempi: inspirazione-pausa-espirazione.
Andando in fase iniziale a lavorare sulla frequenza e sull’intensità di questi tempi, la persona inizia un percorso introspettivo molto graduale e molto naturale, mai forzato, induttivo o imposto dal conduttore, che ha il solo compito di osservare e accompagnare la persona.
La condivisione
La differenza di respirazione metamorphosis rispetto ad altre forme di respiro infatti è la condivisione verbale di stimoli visivi, uditivi, cinestesici della persona che sta vivendo l’esperienza.
Il protagonista quindi è chiamato a vivere l’esperienza corporea e a condividere in maniera libera e creativa il proprio percepito dell’esperienza, questa fase di condivisione e di proposta di stimoli avviene quando l’operatore si accorge che è il momento giusto, nulla viene improvvisato e pur nella semplicità le risposte arrivano.
Non è detto che in una sessione di respirazione avvenga un avvenimento catartico o impattante sul piano cognitivo, è fondamentale che la persona si fidi completamente e viva l’esperienza senza aspettative, concetto che ritorna.
Non esiste un protocollo che riguardi un numero di sessioni minime o massime, ogni persona vive l’esperienza in maniera soggettiva, può valutare con l’operatore di riferimento l’evolversi della situazione.
Altre tecniche
Oltre all’approccio di respirazione metamorphosis esistono altre tecniche che sono altrettanto efficaci e operano proprio sulla respirazione, è un mondo molto interessante e in forte espansione.
È fondamentale sottolineare la respirazione metamorphosis non sostituiscono le terapie mediche. Da ora in poi, quando ne hai possibilità, sperimenta e ascolta il respiro e ricorda che esso è la parte più saggia di te