Avventurandoci nella profondità delle immagini possiamo partire per un viaggio alla scoperta di noi stessi.

UN PO’ DI STORIA
Le origini dei Tarocchi risalgono alla prima metà del ‘400 nelle corti rinascimentali italiane. Gli anni in cui i primi mazzi dei Tarocchi fecero la loro comparsa nelle corti italiane furono caratterizzati dal recupero dei classici latini e greci. Attraverso le immagini dei Trionfi veniva diffusa la conoscenza della mistica cristiana ma anche la filosofia Neoplatonica, che aspirava a conciliare il pensiero della Chiesa con quello del filosofo greco Platone, gli antichi insegnamenti di Pitagora che identifica nel sistema dei rapporti matematici l’unica sostanza di tutte le cose, elementi magici di derivazione ellenisticoorientaleggiante come gli oracoli caldaici, gli Inni orfici e la cabala. Dopo La metà del ‘400, il filosofo e sacerdote Marsilio Ficino tradusse il Corpus Hermeticum, attributo al leggendario Ermete Trismegisto: una collezione di scritti – databili dal I al II secolo d.C. – sulle scienze occulte: astrologia e alchimia, nonché le virtù segrete delle piante e delle pietre che influenzò fortemente gli umanisti italiani. Nei Tarocchi è racchiusa questa sapienza: la frase “ciò che è in alto, è come ciò che è in basso” attribuita a Trismegisto, riflette lo schema complessivo dei Tarocchi, trasformando l’intero mazzo in una mirabile e complessa “cosa unica”. Ben presto passano dalle corti alle osterie e diventano un gioco d’azzardo molto popolare. Nel ‘500 i Tarocchi si diffondono in Italia dove prendono piede varianti regionali; varcano i confini e arrivano in Francia, Svizzera e Boemia. Nel ‘600 si sviluppa la produzione sia come raffinati oggetti d’arte sia come carte da gioco popolari. Dal ‘700 sono un gioco diffuso in gran parte d’Europa. In Francia si sviluppa il modello Marsigliese mentre in Germania una produzione di carte che punta al continuo ricambio di immagini. Solo dalla fine del ‘700 i Tarocchi vengono associati alla cartomanzia e alla divinazione. Dall’800 fino a oggi al gioco con i Tarocchi si affianca il loro uso come strumento esoterico e per la cartomanzia. Nel ‘900 arrivano negli Stati Uniti. Dalla seconda metà del secolo si diffondono in modo sempre più veloce come oggetti d’arte e per la crescita personale e spirituale. Oggi sono conosciuti a livello globale.
Fra i tanti modi per accostarsi ai Tarocchi vi è chi li usa come supporto aquella che può essere chiamata immaginazione attiva, partendo da unsincero desiderio di ascoltarsi e ascoltare profondamente gli altri. Al di làdel gioco, ben oltre la divinazione, i Tarocchi sono, infatti, una meravigliosa“macchina filosofica” e uno specchio della vita: il loro uso può essere unsupporto all’immaginazione attiva e alla creatività e un aiuto per evolverenella consapevolezza. Questo uso immaginativo delle carte recupera unavisione antica e li restituisce al valore che avevano in origine, quando le immaginidei Tarocchi erano considerate una forma di insegnamento moralee mistico e venivano usate per quello che oggi, con termini moderni chiameremmo“rispecchiamento” e “immaginazione attiva”. Le carte divengonocosì finestre attraverso cui noi possiamo analizzare la nostra vita.
I tarocchi come specchi
Non si tratta quindi di utilizzare i Tarocchi per scoprire un qualsiasi destino quanto, piuttosto, di diventarne gli artefici. Avventurandoci nella profondità delle immagini possiamo partire per un viaggio alla scoperta di noi stessi. Tutte le 78 carte dei Tarocchi sono ricche di simboli che traggono ispirazione, tra gli altri, dalle discipline esoteriche, dalla mitologia o dagli elementi della natura. La parola simbolo viene dal greco “sumbolon” e designava in origine un oggetto, per la precisione una tessera, un frammento di ceramica di osso o di metallo che si divideva in due o più parti in occasione della stipula di contratti materiali, affettivi o spirituali. Il simbolo ha perciò come funzione primaria quella di legare il significante al significato. La vita di tutti i giorni ci invita costantemente a interpretare i simboli: la sostituzione di un’immagine a un’idea, il sogno, il cinema, la pubblicità sono esempi di questo gioco perpetuo di codifica e decodifica. La dimensione simbolica è perciò onnipresente e parte integrante della nostra vita, spesso senza che nemmeno ce ne accorgiamo.Lo psichiatra Carl Gustav Jung ne “L’uomo e i suoi simboli” spiega: “…Una parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato. Essa possiede un aspetto più ampio ‘inconscio’ che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato […]. Quando la mente esplora il simbolo, essa viene portata a contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali”. È per questa ragione che i miti, le leggende e le fiabe sono piene di simboli. I bambini utilizzano moltissimo gli strumenti simbolici per raccontare la propria vita interiore attraverso il gioco creativo o il disegno, senza la gabbia delle parole. Il simbolo è altrettanto presente nella psiche dell’adulto e la libera associazione delle immagini si basa proprio su rappresentazioni simboliche: i Tarocchi sono un’idea che diventa realtà e le immagini degli Arcani ne sono una metafora. Attraverso il meccanismo delle libere associazioni, ognuno di noi può arrivare a comprendere un aspetto di se stesso.
Arcani e psiche
I Tarocchi vengono usati sempre più spesso da psicologi, counselor e coach che se ne avvalgono per aiutare gli assistiti a mettere a fuoco, anche visivamente, una situazione o uno stato d’animo. Per avere un’idea del valore introspettivo di una immagine degli Arcani Maggiori, può essere utile un piccolo esercizio, che ciascuno può eseguire.
Osserviamo una carta e, ascoltando le sensazioni emerse, rispondiamo alle seguenti domande:
– Cosa MI piace di questa carta e cosa invece ci ispira antipatia, ostilità, resistenza?
– In cosa mi assomiglia? In quale situazione mi sento simile a questa persona/situazione nella vita? Quando, invece, non mi ci riconosco?
– Quale è il significato più benevolo e quello più critico per questa carta? – Per quale situazione la sceglierei come guida?
– A quale dei miei conoscenti la regalerei?
Le considerazioni emerse diranno qualcosa su di noi e sulle nostre relazioni.
Qualcosa che potremo percepire come più o meno utile e importante, ma che indubbiamente rappresenta un’occasione per riflettere, conoscerci meglio, trovare o ritrovare il contatto con le nostre emozioni, risvegliare la creatività, in molti casi indebolita dalla routine quotidiana.
Meditare con le immagini
Un altro modo con cui possono essere usati i Tarocchi è come mezzi di trasformazione personale attraverso la meditazione. L’esercizio sull’immagine di una carta può aprire nuove porte a diversi livelli di coscienza. Ecco uno che può essere fatto con grande facilità. Scegliamo la carta dei Tarocchi che amiamo di più e quella che amiamo di meno. Osserviamola con attenzione respirando lentamente. Quando ci sentiremo pronti, trasferiremo su un foglio sensazioni, emozioni, idee che questa ci ha suscitato. Possiamo anche usare la fantasia, disegnando o inventando una storia: l’importante è lasciar fluire il libero sentire. Questo esercizio serve a prendere confidenza con quello che ci piace e quello che non ci piace, entrando in contatto con il nostro desiderio più profondo. Ogni carta rimanda a una suggestione, a un ricordo, a una figura significativa (per esempio i genitori, il partner, un amico), oppure a noi stessi, a come ci sentiamo in una determinata situazione, a come vorremmo o non vorremmo essere. Oppure, può aiutare a scegliere cosa desideriamo veramente, selezionando i nostri obiettivi, non solo in base a ciò che è utile, ma soprattutto in base a quello che realmente ci rispecchia e con cui ci sentiamo in risonanza.
La carta del giorno
È un semplice esercizio che si può fare da soli. Al mattino o la sera, senza formulare una domanda particolare. Si estrae un’unica carta e ci si fa guidare dalle immagini e dalla propria intuizione. Leggere da soli i Tarocchi è un’esperienza molto ricca ma anche piuttosto rischiosa. Una lettura auto-riferita è una sorta di meditazione che, con la dovuta esperienza, può tramutarsi in un atto costruttivo che ci aiuta ad analizzare noi stessi. Bisogna però essere molto cauti: c’è il forte rischio di vedere tutto peggio o tutto il meglio. Se siamo troppo “dentro” il problema è difficile guardare alla situazione con un certo distacco. Una strategia molto semplice è quella di usare la carta in vari ambiti della vita. Per esempio: come sfondo per del telefonino o come segnalibro. Farla diventare parte del quotidiano. Assimilandola, avremo così la possibilità di farla nostra. Nel caso temessimo di farci condizionare dalla carta estratta a caso, potremmo usare un altro stratagemma: a carte scoperte, scegliamone consapevolmente una. L’immagine si tramuterà così in una sorta di amuleto porta fortuna che ci accompagnerà nel percorso di ricerca che abbiamo iniziato e nella realizzazione del nostro obiettivo.
I tarocchi e la psicologia
Il lavoro di consulenza si basa sull’ascolto, nonché sulla capacità di osservare con attenzione la realtà circostante e immaginare scenari futuri. I Tarocchi possono essere alleati preziosi per lo sviluppo di tutte e tre le facoltà. Gli Arcani Maggiori e le figure di corte dei Minori, senza dubbio. Le carte Numerali degli Arcani Minori, più di quanto si creda (anche se usiamo mazzi come i Tarocchi di Marsiglia in cui gli Arcani Minori sono molto simili alle normali carte da Briscola). Perché per osservare le carte attivando l’immaginazione è necessario aprire gli occhi e sospendere temporaneamente i pregiudizi: soffermarsi un attimo per guardare i singoli dettagli. E se questo riesce più facilmente con gli Arcani maggiori e con le Figure di corte, per via della loro immediatezza e delle molteplici suggestioni alle quali rimandano, la cosa in apparenza si complica con le carte numerali. Il primo impatto, in genere, è una sorta di straniamento. È come attraversare un labirinto per la prima volta, senza punti di riferimento. Tuttavia basta soffermarsi con lo sguardo per qualche istante in più, per scoprire in ciascuna carta dettagli irripetibili che parlano di noi, anche se in modo meno diretto e immediato. E’ un po’ come guardare le macchie di Rorschach, così chiamate dal nome del suo creatore Hermann Rorschach (1884-1922), che creò un test psicologico proiettivo utilizzato per l’indagine della personalità. Carl Gustav Jung per primo si interessò apertamente ai Tarocchi, individuando in essi archetipi dell’inconscio collettivo, immagini primordiali universali rintracciabili allo stesso modo nei miti, nei sogni e nelle fiabe. James Hillman, analista junghiano che ha creato un suo filone di ricerca e pratica, pur non avendo scritto esplicitamente dei Tarocchi può fornire a chi vi si accosta nuovi spunti di riflessione, facendo sì che le carte possano essere tracce delle nostre radici più profonde, aiutandoci a individuare il mito o i miti che più spesso tendiamo a mettere in scena. In questo senso, attraverso l’intermediazione delle carte dei Tarocchi la persona potrà vivere un’esperienza irripetibile nel qui e ora, che lo aiuterà a far emergere parti inespresse di sé. I Tarocchi possono essere letti come si interpreta un sogno, ossia raccontandolo al presente e facendo parlare protagonisti e oggetti, specchi di nostre parti nascoste. Chi ha fatto sue le regole dell’ascolto profondo di sé e degli altri, difficilmente si soffermerà sul cercare risposte. Sarà molto più interessante e affascinante generare nuove domande, la cui risposta arriverà col tempo e sarà autentica, perché emersa dalla nostra parte più profonda.
I tarocchi e la psicologia
Il lavoro di consulenza si basa sull’ascolto, nonché sulla capacità di osservare con attenzione la realtà circostante e immaginare scenari futuri. I Tarocchi possono essere alleati preziosi per lo sviluppo di tutte e tre le facoltà. Gli Arcani Maggiori e le figure di corte dei Minori, senza dubbio. Le carte Numerali degli Arcani Minori, più di quanto si creda (anche se usiamo mazzi come i Tarocchi di Marsiglia in cui gli Arcani Minori sono molto simili alle normali carte da Briscola). Perché per osservare le carte attivando l’immaginazione è necessario aprire gli occhi e sospendere temporaneamente i pregiudizi: soffermarsi un attimo per guardare i singoli dettagli. E se questo riesce più facilmente con gli Arcani maggiori e con le Figure di corte, per via della loro immediatezza e delle molteplici suggestioni alle quali rimandano, la cosa in apparenza si complica con le carte numerali. Il primo impatto, in genere, è una sorta di straniamento. È come attraversare un labirinto per la prima volta, senza punti di riferimento. Tuttavia basta soffermarsi con lo sguardo per qualche istante in più, per scoprire in ciascuna carta dettagli irripetibili che parlano di noi, anche se in modo meno diretto e immediato. E’ un po’ come guardare le macchie di Rorschach, così chiamate dal nome del suo creatore Hermann Rorschach (1884-1922), che creò un test psicologico proiettivo utilizzato per l’indagine della personalità. Carl Gustav Jung per primo si interessò apertamente ai Tarocchi, individuando in essi archetipi dell’inconscio collettivo, immagini primordiali universali rintracciabili allo stesso modo nei miti, nei sogni e nelle fiabe. James Hillman, analista junghiano che ha creato un suo filone di ricerca e pratica, pur non avendo scritto esplicitamente dei Tarocchi può fornire a chi vi si accosta nuovi spunti di riflessione, facendo sì che le carte possano essere tracce delle nostre radici più profonde, aiutandoci a individuare il mito o i miti che più spesso tendiamo a mettere in scena. In questo senso, attraverso l’intermediazione delle carte dei Tarocchi la persona potrà vivere un’esperienza irripetibile nel qui e ora, che lo aiuterà a far emergere parti inespresse di sé. I Tarocchi possono essere letti come si interpreta un sogno, ossia raccontandolo al presente e facendo parlare protagonisti e oggetti, specchi di nostre parti nascoste. Chi ha fatto sue le regole dell’ascolto profondo di sé e degli altri, difficilmente si soffermerà sul cercare risposte. Sarà molto più interessante e affascinante generare nuove domande, la cui risposta arriverà col tempo e sarà autentica, perché emersa dalla nostra parte più profonda.
JUNG E I TAROCCHI
Lo psichiatra svizzero Carl Gustav Jung (1875-1961) padre della psicologia analitica, ritiene che alcune immagini, concetti e situazioni siano in qualche modo innate nella mente umana, o meglio, derivino da un inconscio collettivo, condiviso, ereditato assieme al patrimonio genetico. Questo lo ha portato a teorizzare che il funzionamento dell’inconscio, ovvero delle attività mentali non presenti alla coscienza di un individuo, si basa su modelli universali – gli archetipi – comuni a tutta l’umanità in ogni parte del mondo. Durante un seminario sull’immaginazione attiva, ovvero sul metodo di dare forma alle immagini dell’inconscio, si espresse sull’argomento Tarocchi che definì archetipi di trasformazione personale. Jung descrive i 22 Arcani Maggiori come “idee archetipiche, di natura differenziata, che si mischiano con i componenti ordinari del flusso dell’inconscio, al quale si può quindi applicare un metodo intuitivo che ha lo scopo di comprendere il flusso della vita, e forse anche di predire eventi futuri, in ogni caso eventi che si prestano alla lettura delle condizioni del momento presente.” Le idee di Jung sono state ulteriormente sviluppate da molti studiosi tra cui lo psicanalista James Hillman e il saggista e storico delle religioni Joseph Campbell.